Nell’ultimo anno, più di 100 donne sono state uccise da qualcuno con cui avevano un legame familiare o affettivo.
Tra queste, alcune erano vittime di stalking, altre no. Tuttavia, si sta diffondendo una pericolosa confusione, alimentata anche dai media, che porta a conclusioni errate. Ad esempio, c’è chi crede che il “patriarcato” sia un reato, che femminicidio e stalking siano fenomeni equivalenti o che la violenza di genere riguardi solo le donne.
Ve ne parlo con cognizione di causa: sono un investigatore privato e, per lavoro, mi trovo spesso coinvolto in queste situazioni.
La legge sullo stalking è essenziale perché protegge le vittime di comportamenti persecutori e aiuta a prevenire episodi di violenza gravi. È giusto che il legislatore abbia previsto strumenti rapidi e incisivi per intervenire.
Tuttavia, una denuncia per stalking, sebbene fondamentale per tutelare le vittime, può portare a conseguenze immediate e severe per l’accusato, anche in assenza di prove solide o indagini approfondite.
È cruciale capire quando un comportamento costituisce stalking, quando si tratta di molestie o quando rientra in altre reati. Questo non solo per evitare errori giudiziari, ma anche per scongiurare di essere incriminati per il reato di calunnia
Ecco alcune linee guida per distinguere tra i vari reati:
Tutte queste azioni non rientrano automaticamente nel reato di stalking.
Secondo l’art. 612 bis c.p., si configura il reato di stalking quando un comportamento persecutorio:
La chiave è nelle conseguenze: se il comportamento altera profondamente la tua serenità e ti costringe a modificare il tuo stile di vita, allora ci troviamo di fronte al reato di stalking.
È fondamentale che ognuno impari a riconoscere queste sfumature per comprendere meglio il fenomeno e tutelarsi nel modo più efficace possibile.
Giuseppe Tiralongo
CEO
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